
Esposizioni
Temporanee
ESPOSIZIONI
PERMANENTI
La Sala n° 1
Le sepolture di Serra di Marco (VII–V sec. a.C.)
Tra il 1982 e il 1983, in località Serra di Marco, nel territorio di Castel Baronia, sono state portate alla luce ben 135 sepolture risalenti al periodo compreso tra il VII e il V secolo a.C.
Molti vasi da mensa rinvenuti nelle sepolture mostrano una particolarità: l’artigiano che li realizzò appose su di essi una sorta di “firma”, due linee curve collocate in corrispondenza delle anse. Questo segno, che lo studioso W. Johannowsky soprannominò “baffi”, rappresenta una delle prime tracce di una produzione locale radicata nel territorio. Verso la fine del VI secolo a.C. fece la sua comparsa il bucchero, una ceramica nera e lucida molto diffusa nella piana campana. Qualche decennio più tardi, a partire dalla metà del V secolo a.C., iniziò invece a circolare il vasellame a vernice nera, segno dei contatti con nuove tecniche e modelli artigianali. I corredi funerari rivelano le differenze sociali e di genere: nelle tombe maschili troviamo spesso cinturoni, oggetti che non erano soltanto accessori, ma veri e propri simboli di prestigio e di identità guerriera. Le sepolture femminili, invece, restituiscono anche ornamenti personali, quali fibule, bracciali, anelli e pendagli. Attraverso questi oggetti, le tombe di Serra di Marco ci restituiscono un quadro vivido della società antica: una comunità radicata nel proprio territorio, ma capace di aprirsi a influenze e scambi provenienti dal mondo esterno.


La Sala n° 2
La Sala espone i materiali rinvenuti nel territorio di Carife durante gli scavi condotti negli anni ’80, che portarono alla scoperta di 117 sepolture databili tra il V e il IV secolo a.C. Le tombe provengono da due aree principali:
All’interno di questa grande sala sono esposti alcuni oggetti unici per tipologia e valore storico, oltre a due delle tombe più significative. Queste ultime hanno restituito ricchi corredi funerari, appartenenti probabilmente a due capi tribù uccisi durante le guerre sannitiche (seconda metà del IV sec. a.C.), quando i Romani estesero il loro controllo anche su questo territorio.


La sala d’ingresso
del museo si apre in una grande Hall circolare che accoglie i reperti provenienti dallo scavo archeologico condotto nel 1998 in località Tierzi, a Carife.
La sala d’ingresso del museo si apre in una grande Hall circolare che accoglie i rrti provenienti dallo scavepeo archeologico condotto nel 1998 in località Tierzi, a Carife. Durante i lavori per la realizzazione del campo sportivo, venne infatti alla luce un complesso di fornaci databili tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C. Gli archeologi ne hanno individuate cinque, disposte su terrazzi naturali in prossimità di sorgenti d’acqua, un elemento essenziale per le attività artigianali dell’epoca. Il sito mostra almeno due fasi di utilizzo: una delle fornaci si conservava ancora nella sua configurazione originaria, con le camere di combustione separate da un muretto centrale. Il complesso comprendeva anche altre strutture funzionali alla produzione, che non si limitava ai materiali da costruzione come tegole, coppi e mattoni, ma comprendeva anche vasellame da mensa e da conservazione, segno di una produzione articolata e ben organizzata. Nella stessa sala sono esposte alcune epigrafi funerarie rinvenute nei territori di Carife e di Castel Baronia. Le iscrizioni riportano i nomi di personaggi legati alla vicina città di Aeclanum: il magistrato Marcus Mevius e il gentilizio Patulacius, testimonianze preziose della presenza e dell’influenza eclanese in quest’area.


Werner Bernardo Johannowsky
(Napoli, 27 dicembre 1925 – 4 gennaio 2010)
Archeologo e Soprintendente.
Cresciuto in un ambiente ricco di cultura – il padre libraio antiquario e la madre traduttrice dei testi di Benedetto Croce – si dedicò presto all’archeologia, distinguendosi in campo nazionale e internazionale. Dopo gli studi e le prime esperienze con la Scuola Nazionale di Archeologia di Roma, nel 1957 entrò nella Soprintendenza Archeologica di Napoli sotto la guida di Amedeo Maiuri. Nel 1976 fu nominato Soprintendente per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento, incarico che mantenne fino al 1995. Dopo il terremoto del 1980, guidò importanti campagne di scavo in Irpinia e nel Sannio, ricostruendo la storia degli Hirpini tra l’VIII e il IV secolo a.C. Le sue ricerche rivelarono nuovi dati sull’organizzazione pagano vicanica delle comunità sabelliche e con la scoperta di Fioccaglia di Flumeri (AV) (valle dell’Ufita) si arricchisce la problematica relativa ai fenomeni di urbanizzazione che emergono con la romanizzazione. Anche dopo il pensionamento, rimase attivo con studi, pubblicazioni, convegni e nella creazione di musei e antiquaria, contribuendo, fino agli ultimi anni della sua vita, alla valorizzazione del patrimonio archeologico del Mezzogiorno. La Sala Johannowsky rende omaggio a uno studioso che, con passione e rigore, ha contribuito a far emergere la storia profonda dell’Irpinia e del Mezzogiorno.


In the Galleries
La Necropoli è quella più alta, a circa 760 mt sul livello del mare, su di un pendio che guarda Valle Ufita. La Necropoli di Piano La Sala è ubicata lungo la valle Ufita.
Necropoli località Addolorata e Piano La Sala
La Sala espone i materiali rinvenuti nel territorio di Carife durante gli scavi condotti negli anni ’80, che portarono alla scoperta di 117 sepolture databili tra il V e il IV secolo a.C. Le tombe provengono da due aree principali: Località Addolorata, nella parte orientale dell’attuale centro abitato, dove sono visibili tombe a camera (TT. 1-22). Località Piano La Sala, lungo il fondovalle dell’Ufita, ai margini di un antico tratturo, dove è stata portata alla luce una vasta necropoli da cui provengono le restanti sepolture. All’interno di questa grande sala sono esposti alcuni oggetti unici per tipologia e valore storico, oltre a due delle tombe più significative. Queste ultime hanno restituito ricchi corredi funerari, appartenenti probabilmente a due capi tribù uccisi durante le guerre sannitiche (seconda metà del IV sec. a.C.), quando i Romani estesero il loro controllo anche su questo territorio.

Tra il 1982 e il 1983, in località Serra di Marco, nel territorio di Castel Baronia, sono state portate alla luce ben 135 sepolture risalenti al periodo compreso tra il VII e il V secolo a.C.
Le sepolture di Serra di Marco (VII–V sec. a.C.)
Molti vasi da mensa rinvenuti nelle sepolture mostrano una particolarità: l’artigiano che li realizzò appose su di essi una sorta di “firma”, due linee curve collocate in corrispondenza delle anse. Questo segno, che lo studioso W. Johannowsky soprannominò “baffi”, rappresenta una delle prime tracce di una produzione locale radicata nel territorio. Verso la fine del VI secolo a.C. fece la sua comparsa il bucchero, una ceramica nera e lucida molto diffusa nella piana campana. Qualche decennio più tardi, a partire dalla metà del V secolo a.C., iniziò invece a circolare il vasellame a vernice nera, segno dei contatti con nuove tecniche e modelli artigianali. I corredi funerari rivelano le differenze sociali e di genere: nelle tombe maschili troviamo spesso cinturoni, oggetti che non erano soltanto accessori, ma veri e propri simboli di prestigio e di identità guerriera. Le sepolture femminili, invece, restituiscono anche ornamenti personali, quali fibule, bracciali, anelli e pendagli. Attraverso questi oggetti, le tombe di Serra di Marco ci restituiscono un quadro vivido della società antica: una comunità radicata nel proprio territorio, ma capace di aprirsi a influenze e scambi provenienti dal mondo esterno.

La Necropoli rinvenuta a Castel Baronia ha restituito corredi ricchi di ceramica locale associata a lance, spade e cinturoni in metallo.
Necropoli località Serra di Marco
Questa è la più antica e più ricca delle necropoli del territorio. Probabilmente era sita presso un’area abitativa, di cui non abbiamo traccia. Le tombe erano costituite da tumuli di pietra, secondo un organizzazione per clan familiari che rispecchiava la società dei vivi. Le tombe erano per lo più a fossa, ad inumazione, con un corredo abbastanza standardizzato al consumo del vino: cratere, olla, skyphos, kylix, a cui si aggiungono anche oinochoai. Gli oggetti per uso personali erano costituiti da cinturone, spada e lancia in ferro. La ceramica è per lo più di produzione locale, pur adottando forme e decorazioni prese dal mondo dauno e da quello etrusco campano. Interessante la presenza del bucchero, ormai adottato come tecnica nel mondo osco/sannita. [Flavio Castaldo]

La scoperta di questo centro artigianale rappresenta un tassello assai importante per approfondire la conoscenza delle varie fasi della romanizzazione in territorio ufitano.
Fornaci Romane località Tierzi
Nel 1998, durante lo sbancamento del campo sportivo in contrada Tierzi/Piano Cavallina (Carife), emersero strutture murarie e laterizi che la Soprintendenza, con sorveglianza di Roberto Esposito, ricondusse a un’officina romana attiva tra I secolo a.C. e I secolo d.C., confermata da monete. L’impianto, in opus incertum e latericium con tratti in opus spicatum, comprendeva un pozzo profondo circa 4 m, cinque vasche rivestite e collegate da coppi e fistulae, fosse per conservare l’argilla e tettoie d’essiccazione, con macine in lava per la frantumazione. Il cuore era una batteria di fornaci: la meglio conservata (4,5 × 3,5 m), con praefurnium a sud-ovest e canale di drenaggio, sembra abbandonata all’improvviso. Si producevano tegoloni 50 × 60/70, coppi, mattoni, lucerne figurate (satiro), mascheroni e antefisse; impronte su pezzi crudi documentano la filiera. Oggetti domestici e ceramica aretina indicano un’abitazione annessa; un piccolo fallo in piombo richiama pratiche apotropaiche. Il complesso illumina romanizzazione e mercato edilizio-funerario della valle dell’Ufita.

Permanent Collections

Firey Textiles
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Waves of Color
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